lunedì 30 novembre 2015

Funghi ( e castagne), i doni del bosco nella primavera dell'inverno, l'autunno 

I funghi amano la semplicità, pulirli, lavarli, asciugarli, tagliarli in fette sottili, duo o tre minuti saltati in padella a fuoco vivace in olio evo con aglio pestato e prezzemolo tritato e sono pronti, salare a piacere, spolverare, se gradito, con pepe della regina o pepe nero macinato fresco dal "rubirosa". Evitate quelli dei Paesi dell'Est, il fungo attinge gli umori della terra in cui cresce, prende tutto, anche eventuali residui radioattivi, metalli pesanti, tutto il male e tutto il bene che c'è nel terreno. Per questo è consigliabile mangiarne pochi e di rado ma è un sapore ed un profumo irrinunciabile per gustare a tavola i piaceri dell'autunno che come scrisse un poeta è la primavera dell'inverno.  Foto di funghi acquistati al mercato di Trento.   




martedì 24 novembre 2015

Semplicità: Farinata verde con ricotta "tosta"

Unite farina di ceci a quella di grano saraceno bio, in parti due a uno,  amalgamate con una frusta aggiungendo acqua  a filo, fino a che diventa cremosa, fatela riposare per tutta la notte. A parte avrete cotto le biete, a vapore o stufate, va bene qualsiasi altra verdura "verde", anche spinaci, comunque meglio le biete, sono più "carnose". Il mattino dopo, eliminate la schiuma formatasi sulla farinata, aggiungete alla farinata olio evo a filo ed aiutandovi con un robot di cucina frullatela con le verdure,  la ricotta "tosta" a scaglie, aggiustate con un pizzico di sale marino, disponete l'amalgama così ottenuto in una teglia oliata su carta forno, infornate a 180° per 40 minuti, gli ultimi 10  a forno ventilato per formare in superficie una leggera crosticina, potete gustarla sia calda che "riposata", la preferisco così, a temperatura ambiente, si accompagna ad un vino rosato. Si mantiene in frigo anche tre o quattro giorni, va bene come spuntino a colazione o a merenda. 




    

lunedì 23 novembre 2015

Onoriamo la cucina francese per onorare la Francia, colpita dall'attacco terroristico del 13 novembre scorso. Suggeriamo alcuni dei migliori ristoranti di un Paese che tradizionalmente è stato sempre tempio della buona cucina e del piacere di vivere. Iniziamo da Parigi, non poteva essere diversamente. Ci rechiamo da "MARIUS ET JEANNETTE" ,  tra le  eccellenze gastronomiche  non ritroviamo però quella da noi preferita: la Bouillabesse: triglie, ragane, scorfani, seppie, gronco, lasca, pesce San Pietro, cozze, cipolla, pomodori pelati, aglio, pepe, sale grosso, olio di oliva (evo), zafferano. Occorre marinare il pesce, per almeno due ore; poi cuocerlo in un tegame di coccio o pentola di ghisa, coperto di acqua fredda e far bollire a fuoco forte per 15 minuti, aggiungere le cozze e dopo 5 o 6 minuti togliere dal fuoco, lasciar riposare la zuppa per 5 minuti, mettere i pesci nel piatto e tenere il brodo in una zuppiera da servire a parte da cui ciascuno attinge, servire su fette di pane fritte in olio o "abbruscate"  sulla piastra sfregate d'aglio e  accompagnate con la "rouille", una salsa piccante ( aglio, peperoncino, mollica di pane, olio evo, brodo di pesce, il tutto pestato a mortaio).   

venerdì 20 novembre 2015

CHAMPAGNE, alla faccia di chi ci vuole male! 

Una piccola guida, presa in prestito dal grande "snob" Antonius Moonen, autore del "Manuale dello snob",  per scegliere tra le migliori bollicine, in onore della Francia colpita da vigliacca e malvagia azione terroristica il 13 novembre scorso. 

Ci uniamo a "Charlie Hebdo" e diciamo:" A Noi lo champagne, a voi la morte!" 


La rivista parigina “Charlie Hebdo” ha tentato di ironizzare  sul sanguinoso attentato a Parigi del 13 novembre scorso e ha detto  all’Isis: “Voi avete armi, noi champagne”. 
 Non potevamo restare indifferenti all'invito della rivista satirica di concentrare la nostra attenzione su quello che ci separa  dai barbari autori di quell'orrendo massacro, esseri estranei all'umanità, animali assetati di sangue, loro cercano la morte e sono portatori di morte, noi al contrario ci adoperiamo per la vita, per renderla più lieta e felice al nostro prossimo facendo conoscere quanto di bello ha realizzato l’uomo con l’aiuto del buon Dio, quello vero, quello dell’amore e non dell’odio, quello della vita e non della morte.  
In onore della Francia quindi parliamo di champagne, beviamo uno champagne alla salute di quanti aspirano alla pace tra tutti gli uomini e si adoperano affinché la vita su questa terra possa trascorrere nel modo più sereno e felice per tutti. 
A questi uomini di “buona volontà” è rivolto il nostro brindisi.  Sapere ciò che si mangia e ciò che si beve è uno dei nostri obiettivi. Noi non mangiamo per mangiare e beviamo per bere ma per conoscere, per sapere, per nutrire, oltre al corpo, la mente e lo spirito. Quello che distingue è il sapere anche a tavola per scegliere sempre il meglio riguardo al momento e alla circostanza. 
Non ho trovato migliore presentazione dello champagne di quella contenuta da pagina 118 a pag. 125 nel libro di Antonius Moonen 
“ Manuale dello snob” edito in Italia da Castelvecchi nel 2007:
  Lo champagne vede la luce nel 1688, da un'idea geniale di Dom Pérignon. Gli inglesi, dal canto loro, sostengono che lo avrebbe inventato un certo Cristopher Merrett nel 1662. Poco importa. Quel che conta, qui, è l'alchimia. Si mescolano delicatamente diversi tipi di uve e quel che ne viene fuori è molto più puro e più fine degli elementi di base. Le migliori cuvéell hanno bisogno di non meno di trenta o quarant'anni, e di altrettanti frutti di origine di­versa che vengono scelti per il profumo e per il sapore. Le bollicine dello champagne stimolano la circolazione sanguigna e mettono le ali allo spirito. Sebbene gli storici segnalino che il primo decesso per abuso di alcool ebbe luogo nella regione (il Re Wenzel di Boemia, nel 1378), lo champagne è un eccellente rimedio contro tutte le malat­tie: Roger de Beauvoir riuscì a guarire (di fronte a un areo­pago di medici sbigottiti) da una grave malattia bevendo­ne ogni giorno due bottiglie, e il Marchese de Brunoy lo utilizzava per delle lavande. Il metodo (oltre all'overdose di caviale citata sopra) per assicurarsi un'aria blasé e per non rischiare di lasciarsi vincere dallo stupore è prendere tre compresse di Valium e quattro calici di un millesimato. Questo metodo serve anche ad aumentare il proprio livello di pigrizia. Se necessario, aumentare la dose. La prima casa di produzione dello champagne è stata creata nel 1729 dalla famiglia Ruinart. Il massimo dello chic nella Londra del Settecento? Bere champagne in onore di un ospite di rango. La celebrità più in vista della stagione viene allora soprannominata «il brindisi della città». L’usanza inglese conquista in fretta il continente. All'epo­ca della Reggenza e, poi, sotto Luigi XV, questo vino stra­vagante innaffia sia i festini licenziosi del Palazzo Reale, sia i pranzi libertini di corte. La Regina Vittoria e Bismarck (il quale sosteneva, addirittura, che un uomo che non aves­se bevuto cinquemila bottiglie di questo universale simbolo di festa fosse un fallito) bevono champagne in abbondanza per celebrare i successi diplomatici dei loro rispettivi imperi.  Ma l'esclusività non dura, perché lo champagne non piace solo agli aristocratici e non tarda a democratizzarsi. I rivoluzionari se ne ubriacano prima di scagliarsi contro la Bastiglia.  Neanche Marx e Lenin, come è noto, se ne privavano.  

La scelta
I  millesimati sono annate di qualità talmente elevata, che sarebbe un peccato annegarli in cuvée anonime. Han­no molto carattere, gusto, e la qualità aumenta negli anni che seguono. Esiste anche una Cuvée de Prestige: uno cham­pagne molto fine (costa come due bottiglie di champagne ordinario). Poi viene il Rosé, un misto di una piccola quan­tità di pinot nero con champagne bianco. È molto fruttato e raffinato, spesso una delle migliori cuvée di una casa. Lo champagne viene prodotto da tre vitigni: lo chardonnay (bianco), il pinot nero e il pinot meunier. Naturalmente esistono anche degli champagne spuri: il crémant (prodot­to utilizzando il metodo champenois raggiunge solo una pressione da 1,5 a 3 kg contro i canonici 5 kg) e il perlant (il vino è leggermente frizzante, ma non abbastanza per as­sumere il nome di champagne). Extra Brut vuol dire sec­chissimo, Brut: molto secco, Extra Dry: secco, Sec: legger­mente dolce, Demi Sec: dolce, Doux: molto dolce. Come aperitivo, per accompagnare gli antipasti e il pesce, si sce­glie uno champagne molto secco o secchissimo. Per la car­ne, la selvaggina o il pollame, si preferirà un secco più vec­chio e, per i dolci, uno leggermente dolce o dolce.
Nonostante la presenza sul mercato di quasi duecen­tocinquanta marche diverse, per lo snob principiante lo champagne è forse la bevanda con la quale è più facile ci­mentarsi. Non esiste un «abbinamento classico» Lì'a un piatto e uno champagne: quest'ultimo si beve in ogni oc­casione. Per il formaggio (se davvero tenete ad accompa­gnarlo a un vino rosso), consigliamo un cru della stessa re­gione, un Bouzy, vino dal bouquet leggero, noto da secoli. I millesimati vanno bene assolutamente con tutto, in ogni stagione. Le migliori annate sono: 1990, 1989, 1985, 1982, 1971,1966,1964,1959, 1955, 1953, 1949 1947, 1934, 1929, 1928,1921,1919,1914,1911,1904.
Perle misure delle bottiglie, lo champagne offre poi una scelta enorme (non ci attarderemo sul mezzo e sul quarto di litro): la Magnum (l'equivalente di due bottiglie norma­li), la Jéroboam (più di 2 litri 03 champenoises), la Rého­boam (4 litri o 6 bottiglie normali), la Mathusalem (6 litri o 8 bottiglie). Citiamo ancora la Salmanasar (12 bottiglie), la Balthazar (16 bottiglie) e la Nabucodonosor (20 bot­tiglie), tutte e tre perfette, probabilmente, per innaffiare i partecipanti di un qualsiasi Gran Premio ma, ahimé, trop­po «nuovo ricco». Nota Bene: le Magnum sono sempre di qualità migliore. Ogni snob che si rispetti si asterrà dall'ordinare dello champagne in aereo: vi si servono solo bottiglie da un quar­to, distribuite gratuitamente, come sacchetti di caramelle o campioncini.
Il servizio
Se non avete personale e siete costretti a provvedere da soli al servizio (del resto è consigliabile sostenere che siete sempre costretti a occuparvi di tutto, anche se siete cir­condati da domestici), sappiate che la temperatura ideale per servire lo champagne è tra i 7C° e i 10C°. Per uno champagne dal sapore molto raffinato, con molto carattere, si può arrivare fino a l3C°. Controllate che il vino abbia sempre sufficiente pressione sotto il tappo, una traspa­renza totale, uno spumeggiare ricco e continuo, un gusto e un retrogusto potenti ma puri, un perfetto equilibrio fra tutti questi elementi. Per aprire la bottiglia, togliete prima di tutto la capsula dal tappo. Inclinate leggermente la bottiglia, girate il fil di ferro nel senso opposto ed eliminatelo. Posizionate un pol­lice sul tappo e, con l'altro, spingetelo delicatamente verso l'alto. Quando sentite che comincia a muoversi da solo, gi­ratelo un po', tenendolo saldamente e lasciando la botti­glia sempre inclinata. Prevedete un bicchiere nelle vicinan­ze per raccogliere la prima spuma. Il personale delle gran­di case produttrici di champagne posiziona un pollice nel­la cavità sul fondo della bottiglia, mentre tutto il peso pog­gia sulle altre dita. Esigete quindi dal vostro sommelier che faccia lo stesso. Potete anche aprire la bottiglia con un colpo di sciabola.
La selezione
La scelta della marca è un atto estremamente personale. Tenetevi però alla larga dai prezzi pericolosamente bassi e dalle categorie minori. Qualche informazione di base:
RUINART
Casa fondata nel 1729. Irénée Ruinart accolse Carlo IX  nel 1925 , al momento dell'incoronazione nella cattedrale di Reims. Nel 1832 suo figlio Edmondo venne ricevuto dal Presidente degli Stati Uniti Jackson. Trent'anni dopo il suo erede, Edgar, rendeva visita allo Zar. È uno champagne che viene servito nei migliori ristoranti. Le cantine della casa, dove ogni due anni si svolge il Trofeo Ruinart, premio di una prestigiosa competizione  internazionale per il titolo di miglior sommelier sono sta­te classificate come monumenti storici.

MOET & CHANDON
Casa fondata nel 1734. Nello stesso anno il suo champa­gne fece il primo ingresso a corte. Fin dalla sua creazione si caratterizza per il coraggio, lo spirito e l'ambizione. Il ni­pote del fondatore divenne amico di Napoleone all'inizio dell’Ottocento. E’ stato lui a concepire il Trianon, due padiglioni bianchi, con giardino e aranceto, per ricevere degnamente l'Imperatore. Oggi vi si accolgono ancora alcune personalità. Marca notoriamente preferita dalla Mar­chesa de Pompadour  ma consumata dappertutto. I migliori millesimati dell'ultimo secolo sono il 1900 e il 1921.
TATTINGER
Casa fondata nel 1743. Si visita unicamente su richie­sta. Cuvée di lusso: il Comtes de Champagne è uno dei più squisiti e raffinati che vi siano e si conserva mirabilmente (il Tattinger 1985 aumenterà di valore nel secolo XXI). I francesi ne bevono ogni anno quasi due milioni di bottiglie (non tutte millesimate, ovviamente). Il Tattinger è per­fetto per la preparazione degli escargots allo champagne. Il Comtes de Champagne Blanc de Blal1cs Millesimé 1989 è davvero esclusivo.

HENRI ABELÉ
Casa fondata nel 1757. Vi si inventò, nel 1884, «la sboc­catura al ghiaccio»11, metodo che oggi viene applicato in tutta l'industria della regione della Champagne. José Fer­rer Sala, direttore della Freixenet, un giorno rifiutò di com­prare una bottiglia di Henri Abelé: trovava questo champa­gne cosÌ buono che aveva deciso di comprare direttamen­te la casa. La Grande Marque Impàiale del 1982 non è meno riu­scita di quelle del 197 6 e 1975. Il Blanc des B/ancs RéseJve du Repas del 1983 è assolutamente delizioso.
DELAMOTTE
Casa fondata nel 1760. Questa piccola casa di grande fama si trova vicino a Mesnil-slll'-Oger sulla Cote des Blancs. Proprietà della famiglia Nonancourt, di Laurent Perrier, dal 1948. Il Nicolas Louis Delamotte è ufficialmente un non millesimato, ma proviene per la maggior parte dalla vendemmia del 1982 ed è favoloso.
  
VEUVE CLICQUOT-PONSARDIN
Casa fondata nel 1772. Una grande casa, molto influen­te. Creatori di champagne autentico, classico, spesso ec­cellente: sullo stile «scelta sicura», ricco di gusto e di aro­ma. La cuvée di prestigio La Grande Dame è davvero un capolavoro di semplicità e una buona scelta in assoluto per il vostro prossimo vassoio di frutti di mare. I sacchet­ti da champagne arancioni con sistema di raffreddamento proposti dalla casa sono ideali per i pic-nic.
HEIDSIECK-MONOPOLE
Casa fondata nel 1777. Il marchio senza pretese di una delle più antiche case di champagne. Il Diamant Bleu è una delle più grandi cuvée di lusso: facile da conservare (1976 e 1985), molto carattere. Perfetto per la mousse al­lo champagne, o per battezzare una nave da crociera nei fiordi o nel Mediterraneo.
PIPER HEIDSIECK
Casa fondata ncl1785. Il suo Champagne Rare, dal gu­sto persistente di agrumi, è davvero straordinario. Biso­gna però aspettare quindici anni prima di poterlo assapo­rare. Anche il Brut Sauvage ha molto carattere, sebbene oggi sia divenuto un po' banale, quasi popolare. Potete tut­tavia adoperarlo senza esitare per una zuppa di halibut allo champagne.
PERRIER-JOUËT
Casa fondata nel1811. Fra la clientela troviamo la Re­gina Vittoria e Sarah Bernardt che, si dice, amava fare il bagno in questo vino. La Cuvée Belle Époque, nella botti­glia decorata con fiori, è nata nel 1970. Il Blason de Fran­ce Brut, meno pacchiano, merita altrettanta attenzione.
MUMM
Casa fondata nel 1827. Difficile parlare «in generale» della qualità e dello stile di questo champagne che com­prende moltissime varietà. Diremo semplicemente che si tratta di vini (per la maggior parte di pinot nero) solidi e semplici. Il Cordon Rauge non millesimato è però da snob­bare. Preferitegli un René Lalou o un Grand Cordon. Que­st'ultimo è da usare, senza temere di incorrere in un erro­re di gusto, per varare uno yacht.

BOLLlNGER
Casa fondata nel 1829. Lo champagne favorito di Edo­ardo VII. Davvero un gran marchio, una tradizione che ri­sale al secolo XV, quando la famiglia Villermont piantò le sue prime vigne a Cuis, sulla Còte des Blancs. Fra i mille­simati consigliati: Grande Année (1985) e Rosé (1985). Fra i Prestiges: Vieilles Vignes Françaises (1985) o Année Rare    RD (1982 e 1975).

LOUIS ROEDERER
Casa fondata nel 1833. Dopo avervi ingiunto di non ac­cettare mai spumante, qualunque sia la sua origine, auto­rizziamo un'eccezione per lo «champagne rosso» che po­trebbe esservi servito durante un veglione russo (con il beluga fresco in abbondanza forma un contrasto piutto­sto decadente). Tuttavia, se i vostri ospiti appartengono davvero alla nomenklatura, non mancheranno di proporvi un Cristal Roederer, creato nel 1879 per Sua Maestà lo Zar Alessandro II.
POMMERY
Casa fondata nel 1936. «Qualità innanzitutto» era iI mot­to di Louise Pommery. Il Principe Alain de Polignac è il responsabile della cantina.
Il Pommery Brut Royal è davvero ideale per una crema champenoise: frantumate 20 zollette di zucchero contro la buccia di un limone, fatelo sciogliere in mezzo litro di champagne, aggiungete 6 rossi d'uovo, mescolate e met­tete a bagnomaria. Quando la crema si è addensata, aggiungete il bianco d uovo. Lasciate tre ore al fresco.
KRUG
Casa fondata nel 1843. Il Krug Rosé, nato nel 1983, è già adesso un capolavoro dal sapore fruttato e di carattere, e accompagna davvero benissimo la grande cucina. I mille­simati hanno talvolta ancora più sapore, ma devono ma­turare per venti-venticinque anni. Krug era la marca preferita dalla Regina Madre d'In­ghilterra, che si concedeva una Magnum di Clos du Mesnil ogni volta che sopravviveva a un intervento chirurgico.

PAUL ROGER
Casa fondata nel 1849. Lo champagne di Paul Roger si è guadagnato la reputazione di essere di qualità costante e, per questo, non conosce concorrenza. Winston Churchill ne andava matto e la casa, riconoscente, gli ha dedicato un Prestige: la Cuvée Sir Winston Churchill (1985). Alcuni esper­ti sono affascinati dal gusto raffinato e dall'aroma di lillà.
CHARLES HEIDSIECK
Casa fondata nel 1851. Charles-Camille Heidsieck fu uno dei più importanti négociants di champagne. Il mar­chio, grande e prestigioso, è famoso per le sue notevoli produzioni, che si sposano perfettamente con l'alta cuci­na. Il Blanc des Millénaires Blanc de Blancs 1983 è uno dei migliori champagne Chardonnay. Il Charles Heidsieck Cricket Tournament si svolge in feb­braio, a Megève.

SALON
Casa fondata nel 1911. Creazione di Eugène Aimé Sa­lon, nato nella regione della Champagne nel 1867. Uomo politico, fu anche uno dei più celebri gourmet del suo tem­po. Socio del Club dei Cento, era un habitué di «Chez Ma­xim's», dove aveva sempre un tavolo riservato. Da assag­giare assolutamente: la Cuvée «S» del 1928.

L’anno scorso abbiamo brindato al nuovo anno con una bottiglia di champagne Tsarine della casa Chanoine Frères che Moonen nel suo “Manuale dello snob” non cita tra gli champagne da considerare degni di comparire sulla tavola di un perfetto “snob”. Ci proponiamo quest’anno di rimediare, a meno che la casa Frères non voglia farci persistere e ripensare il proposito di cambiare champagne per il prossimo brindisi all’Anno Nuovo.
Tsarine
L'azienda Chanoine Frères, fondata nel 1730, è la seconda più antica Maison de Champagne francese. In omaggio alla Russia degli zar, principale mercato estero dello champagne nel XIX secolo, Chanoine Frères ha creato la collezione TSARINE , le cui bottiglie si ispirano alla dinastia degli zar, con forme originali ed eleganti ed etichette le cui linee e tinte raffinate raffigurano i blasoni imperiali. Tsarine rappresenta il simbolo di una particolare ricercatezza, di amore per la bellezza e la raffinatezza. La gamma di champagne Tsarine è composta dal "Premium Cuvée Brut", dall'elegante etichetta porpora, dallo speciale "1er Cru Brut", dal delicato e raffinato "Rosé Brut" e dai " Millésimés", simboli di eccellenza.



martedì 17 novembre 2015

Carne di balena ( va bene anche quella di foca)

Carne di balena alla Pippa 

Abbiamo saputo che nel mese di aprile di quest'anno Pippa Middleton, cognata del principe William d'Inghilterra, una delle donne più desiderate del pianeta dagli estimatori del lato "B",  in occasione di una vacanza  in Norvegia ha gustato un piatto a base di carne di balena presso il ristorante dello Juvet Landscape Hotel: Sa di salmone affumicato ma ha l'aspetto del carpaccio di cervo, ha detto. Non sappiamo altro. Su Amazon si può acquistare carne di balena, per chi se ne infischia della contaminazione di mercurio nelle carni del cetaceo assurto alla gloria letteraria da Melville come Moby Dick. Ho interpellato uno degli ultimi balenieri, un prozio sopravvisse al naufragio del Pequod , e mi è stata suggerita questa ricetta, buona anche per la carne di foca. Procuratevi quattro o cinque tranci di filetto di balena, quelli della ventresca, striati di grasso, spessi quattro dita e arrostiteli a fiamma viva in una padella di ghisa, irrorateli di acqua di mare raccolta in una sorgente pelasgica a 300 metri di profondità oppure con un vino bianco secco dell'Alsazia, abbassate la fiamma al minimo e lasciate andare a cottura lenta per 30 o 40 minuti aggiungendo secondo necessità, foglie di alloro frantumate, grani di pepe, spicchi di cipolla rossa, sedano rapa grattugiato
, carote nere, potete accompagnare il piatto con un vino portoghese rosato.   








tagliatelle "paglia e fieno" con pàstissada de caval corretta alla partenopea da accompagnare  con Valpolicella Ripasso oppure con Gragnano  

Le tagliatelle paglia e fieno le acquistate già fatte, per la pàstissada  de caval  la predo già pronta dalla macelleria equina più antica di Verona ( 100 anni all'incirca) a Piazzetta Monte, la parte della città a ridosso di piazza Erbe, dove era ubicato il foro romano, è la stessa pàstissada che mangiate, ma non ve lo dicono, se andate in qualche ristorante stellato della città, la migliore, in assoluto, la più veronese, quella autenticamente scaligera, fatta anche con la carne scarnificata dalla testa del cavallo, ma se volete cimentarvi a farla in proprio trovate la ricetta su internet, perdete tempo e fuoco, deve cuocere per ore, nella pentola adatta, e non sarà mai come quella anzidetta, naturalmente il mio palato  partenopeo esige una "correzione" per poterla gustare sulle anzidette tagliatelle, infatti la pàstissada non muore sulla pasta ma vuole lo sposalizio con la polenta o con gli gnocchi di patate. L'incontro fedifrago con le tagliatelle viene compiuto facendo una salsa di pelati e a metà cottura immergendovi 3 etti di pàstissada per condire cinque piatti di tagliatelle abbondanti. Il risultato è nelle foto. Non vi aggiungo formaggio, coprirebbe di manto caseario gli aromi delle spezie sprigionantesi dalla pàstissada. 


Secondo una leggenda molto diffusa nella cultura popolare, questa antichissima ricetta tipica veronese risale al quinto secolo dopo Cristo, e per la precisone al 30 settembre del 489. In quel giorno fu combattuta nelle campagne nei pressi della città di Verona una furiosa battaglia tra il Re d'Italia Odoacre ed il Re degli Ostrogoti Teodorico. Al termine dello scontro, vinto da Teodorico, rimasero sul terreno migliaia di cavalli, che il popolo stremato dalla fame andò a recuperare per far provvista. Per disporre a lungo della grande quantità di carne, questa venne tagliata e lasciata macerare nel vino rosso, con dovizia di spezie e verdure. La successiva cottura a fuoco lento portò alla scoperta di questo squisito piatto, la cui ricetta tramandata di generazione in generazione è arrivata fino ai nostri giorni.


INGREDIENTI (PER 4 PERSONE)

600 grammi di polpa di cavallo (girello o scamone)
2 carote, 1 sedano bianco e 2 cipolle
40 grammi di farina e 50 di olio extravergine d'oliva
brodo di manzo ed una bottiglia di vino Valpolicella
alloro, noce moscata, chiodi di garofano, sale, pepe

PREPARAZIONE

In una terrina capiente, mettere a macerare la carne ricoperta con il vino per 36/48 ore. Il giorno della cottura, mettere in una casseruola l'olio e il burro, e fatevi rosolare il sedano, le cipolle e le carote tagliate a pezzi. Prendete la carne dalla terrina e sgocciolatela, inserite i chiodi di garofano, infarinatela e ponetela nella casseruola. Dopo un'ora di cottura, aggiungere metà del vino della marinata, l'alloro e una spolverata di noce moscata grattugiata. Continuate la cottura a fuoco moderato per circa tre ore. Durante la cottura aggiungete alla bisogna, qualche mestolo di brodo. Al termine della cottura aggiustate dei sale e aggiungete il pepe macinato al momento. Al termine della cottura, la carne sarà morbida, friabile. Togliete la carne dalla casseruola e affettate  delicatamente. Passate parte delle verdure al setaccio, aumentando la densità del sugo, con un pò di farina e una noce di burro. Lasciate consumare fino ad ottenere la densità desiderata ...una variante prevede di tagliare la carne all'inizio della preparazione, ottenendo alla fine una sorta di gustoso spezzatino. Servire le fette di carne belle calde, quasi bollenti, ricoprendole col il sugo. Accompagnate con polenta gialla, meglio se abbrustolita, e una bottiglia vino Valpolicella Superiore o Amarone della Valpolicella.





   

mercoledì 11 novembre 2015

Bistecca di cavallo alla piastra con patate arrostite di Roveredo di Guà e rosmarino  

La semplicità: una bistecca equina, mi rifornisco dalla storica macelleria Avesani in piazzetta Monte a Verona, frollata giusta, taglio giusto, spessore giusto, rispettare sempre la regola principe, partire da una buona materia prima, non esiste cuoco che possa trasformare una suola di scarpe in piatto succulento, altro occorrente, una piastra di ghisa ( dopo la materia prima in ordine di importanza ci sono i sistemi di cottura) cosparsa di sale rosa dell'Himalaya ( sale medicamentoso che aiuta metabolismo e digestione),   messa sul fornello a fiamma viva, quando i granelli di sale cominciano a scoppiettare poggiarvi la bistecca, un paio di minuti, girarla dall'altra parte, un paio di minuti, passarla nel piatto, filo d'olio di Cisano del Garda, ci vuole un olio dolce non aromatico per non coprire il sapore della carne, bisogna sentire il sapore della ciccia, il sapore del sangue, da veri carnivori, intorno un contorno soffice che pulisca il palato e lo predisponga a risentire il sangue dopo ogni boccone, disporre le patate di Roveredo di Guà arrostite in forno con l'immancabile rosmarino raccolto nelle nascoste siepi del giardino per profumare l'alito e risvegliare la sensibilità; piatto energetico, antistress, ti fa sentire un leone, basta mezzo bicchiere di un buon rosso, a partire da un Valpolicella Superiore.  



 

martedì 10 novembre 2015

Soppressa Veneta della Lessinia quando viene l'ora della merenda in un panino "ciabatta" o in una rosetta, un bicchiere di Valpolicella o un Bardolino, con la polenta appena fatta, fumante, ancora più golosa, ogni tanto, quando abbiamo bisogno di tirarci su il morale, di tranquillizzarci, stare sereni, la carne di maiale da sicurezza di abbondanza.
    

Pennette kamut integrali con broccolo di Novaglie e salsa di pomodoro da pelati Sanmarzano

venerdì 6 novembre 2015


uova di faraona della Lessinia alla Principe di San Severo
 Le uova freschissime vanno cotte con poco burro in tegamino di rame coperto a fuoco moderato, appena formatosi il "velo" toglierle dal fuoco farle scivolare nel piatto bagnarle col burro fuso rimasto sul fondo, spargere un pizzico di sale, pepe nero  macinato al momento, briciole di prezzemolo secco ( se non si mette il pepe ed il prezzemolo possono essere arricchite anche con noce moscata o scaglie di tartufo nero) accompagnarle con pane fresco tipo "ciabatta" , caffè nero forte se si mangiano a colazione oppure con un malvasia.
 


mercoledì 4 novembre 2015

Un oggetto di studio che solletica la nostra curiosità sono i menù dei pranzi e delle cene legate a qualche storico avvenimento. Uno di essi in particolare ci stimola a ricostruire la tavola con le stesse portate, questo è il menù della cena servita sul TITANIC la sera dell'affondamento per i passeggeri della Prima Classe. Un oggetto di studio e commento allorché avremo reperito il libro "Lo spettro di ghiaccio" dedicato agli ultimi momenti prima del naufragio del transatlantico. Non diciamo altro. Tra i formaggi spicca anche il nostrano "Gorgonzola". Di certo non si facevano mancare nulla. Almeno prima di morire consumarono una cena principesca. L'originale del menù è stato battuto all'asta un paio di anni or sono, se non ricordo male, per circa 80mila sterline. La forza mitica del più grande naufragio di tutti i tempi trova ancora tra i cultori di cimeli appassionati collezionisti di quanto si è salvato dagli abissi. Il menù in questione conferma, in particolare, che il cibo è un elemento non trascurabile ed insignificante negli avvenimenti storici, è un dettaglio, un particolare di quella storia minore che spesso rimane più impressa nella memoria del fatto storico principale.    


lunedì 2 novembre 2015

LA MACCHINA GASTRONOMICA della ditta TECLA srl

La "macchina gastronomica" "Alladin", per la cottura in vuoto a bassa temperatura, punto di arrivo del cibo "cotto" e, quindi, della "civiltà umana".

 Con la scoperta del fuoco l'uomo passò dal cibo crudo a quello cotto, fu il passaggio fondamentale che gli consentì così di differenziarsi  dagli animali. Questi come è noto non cucinano. Possiamo affermare che la civiltà umana è nata quando l'uomo passò dal cibo crudo a quello cotto. Questo fece, da allora, la differenza tra l'uomo e l'animale, tutto il resto è contorno ai tre pasti quotidiani. Questo ci dice anche che la differenza tra un cibo cotto e l'altro è fatta dal sistema di cottura. Un pesce arrosto non è la stessa cosa di un pesce lesso.  Lo stesso pesce, o anche una semplice verdura, resta lo "stesso", a differenza degli altri sistemi di cottura,  se lo cuociamo " sottovuoto a bassa temperatura". Questo è il "punto di arrivo" dell'evoluzione dei sistemi di cottura dalla prima grigliata fatta dall'uomo preistorico sui carboni ardenti caduti dal cielo direttamente dalla bocca di un vulcano. La civiltà umana con la cottura "sottovuoto a bassa temperatura" ha raggiunto il livello "top" in quanto gli estremi <<cibo-crudo cibo-cotto>> si toccano, l'ouroboros, il serpente alchemico si morde la coda, il cerchio si chiude. Il cibo così cotto mantiene le stesse caratteristiche del cibo crudo, la cottura non altera più la materia prima per farne cibo ma lo trasforma direttamente in cibo senza passare dalla fase di alterazione; infatti non vi è calo peso, si conservano le proprietà nutritive ed organolettiche inalterate. Questo è il risultato che abbiamo sperimentato con la "macchina gastronomica" "Alladin" della ditta Tecla srl di Verona.    

Il cucinare, come tutte le arti umane, richiede oltre alla materia prima e alle conoscenze tecniche anche gli strumenti per intervenire sulla materia. Il cuoco con ambizioni "artistiche"  non solo modifica la materia per trasformarla in "materia commestibile" cioè in cibo ma aspira anche a trasmettere sensazioni che si allargano a tutti i sensi fino a provocare emozioni e competere così sullo stesso piano delle opere d'arte prodotte dalle muse nobili della musica, della letteratura, della pittura. La cucina non è mai stata solo una questione di palato. Oggi questo non vale più che in passato ma a differenza del passato la "buona cucina" è una esigenza che si sta allargando ad una platea sempre più  ampia di persone. Queste non si accontentano di "sfamarsi" e neppure di nutrirsi in maniera opaca e noiosa ma vogliono mangiare sano e bene cioè cibo salutare, piacevole e gratificante che trasmetta anche energia ed emozioni rigeneranti e gratificanti, un cibo che faccia sentire e stare bene. I nostri strumenti, per le nostre "sinfonie" gastronomiche, oltre a quelli tradizionali di sempre, antichi come le pentole in rame, ghisa, terracotta, acciaio e relativo corredo di coltelli, cucchiai, forchette, e versioni tecnologiche, si arricchiscono di macchine "gastronomiche", una di queste è quella qui riprodotta e di cui abbiamo parlato in premessa. Le nostre performance gastronomiche e culinarie sono state realizzate con l'ausilio della macchina "Alladin" per la cottura in sottovuoto a bassa temperatura.