mercoledì 9 dicembre 2015

Della serie: "Non si getta via niente"

CUCINA BASSA per viscere popolari 

O' pere e o' musso


Della serie: "Non si getta via niente" - CUCINA BASSA - per viscere popolari 
O' pere e o' musso, un piatto fatto di scarti, di quello che restava dalla macellazione di bovini, suini ed ovini dopo aver separato le carni composte di muscoli, grasso e parti pregiate, restavano le parti cartilaginose, quelle addirittura immonde, non si gettava via niente, si rendevano appetibili per l'onnivoro per eccellenza, l'uomo della strada, quanto non era degno di essere portato alla tavola delle classi alte, dei benestanti veniva lasciato al popolino ed è questa l'origine dell'autentico cibo "da strada", chi non aveva né casa né mensa viveva per strada e si nutriva di quello che offriva la strada, buono per ogni stagione, ricco di collagene ed elementi antinfiammatori, apprezzato dai ZamlapBuongustai più coraggiosi e spregiudicati, è inutile cercarlo all'angolo delle strade del Nord Italia, bisogna spingersi in Campania, a Napoli e nella zona dell'agro sarnese-nocerino, ma fornisco anche la ricetta per chi volesse prepararlo a casa..

Commento dell'amico Franco Lemba Gustoso saporito stuzzicante originale raro invitante ...acquistato e mangiato sulle laparelle accompagnato con una birretta è una vera goduria e piacevole e'anche fermarsi a mangiare panzarotti i pizzelle alla vicina laparella che a volte vende i famosi scagnuozzi. Senza esagerare però. Ah ah ah ah!!!
I cibi umili sono quelli che vengono dalla cucina "bassa", quella del popolo, recuperata dagli scarti, fatta di quello che rifiutavano o veniva scartata dalle classi "alte". Uno di questi è "O' pere e o' musso", un antico cibo da strada campano, tipico in particolare dell'agro nocerino-sarnese. La dizione cita solo due degli ingredienti tipici del piatto o' pere ( il piede del maiale) e o'musso ( il muso del vitello) ma a questi ingredienti principali possono aggiungersene altri: i quattro stomaci della vitella ( tra cui la trippa), la mammella ( a' zizza)  della mucca da latte, l'utero della vitella, il retto della vitella, la lingua, le budella. Tali frattaglie vanno portate alla bocca  prese con le mani dal coppo ( o'cuoppo)  o dal foglio di carta paglia dove adagiate vengono spruzzate con abbondante limone della costiera e cosparse di sale utilizzando il tipico corno di bue bucato in punta  La ricetta completa del piatto, per chi volesse cimentarsi nel realizzarlo, ( comunque, in privato, posso dare anche indicazione di "carnacuttari" dove reperirlo già pronto), ritengo sia quella pubblicata sul sito "Il progresso veterinario" del FNOVI rivista on line n.08/15 agosto 2007 LXII:...Basti pensare al prodotto denominato “O’ pere e O’ muss” che viene venduto e quindi consumato da almeno trecento anni senza aver mai provocato inconvenienti sanitari. I ricercatori dovranno analizzare i rischi (HA) e poi consigliare tecniche, manualità idonee a ridurli o annullarli. Nel territorio afferente l’ASL SA/1 esiste una antichissima tradizione artigianale per la produzione di “O’ per e O’ muss” ed insistono anche alcuni laboratori già autorizzati ai sensi del D.lvo 537/92 per la produzione di tali prelibatezze. Alla luce di quanto esposto in precedenza e visto che non esistono pubblicazioni specifiche in merito ci è sembrato opportuno approfondire prima la tecnologia di produzione ed i punti critici e poi i reali rischi microbiologici di tale prodotto. Storia Su antichi libri di ricette gastronomiche regionali, si legge che alla fine del settecento i poveri, un po’ in tutte le regioni d’Italia dal Piemonte alla Sicilia, dalla Toscana alla  CamAngelo Citro Giulio Salvati Bruno Giovanni ASL SA/1 08_agosto_2007_DEF.qxp 26-07-2007 9:55 Pagina 377 8 / 378 pania, bollivano i piedi e le teste e poi li mangiavano tal quale o con salse varie, e ottenevano pietanze che piacevano anche ai ricchi. Un tempo i piedi e le zampe dei bovini venivano consumati solo in strada, ed il venditore era chiamato “o carnacuttaro” ovvero il venditore di carni cotte. Oggi gli avventori possono acquistarlo anche presso rivendite con sede fissa e spesso viene accompagnato a pezzi di trippa cotta con olive e lupini, nella carta oleata modellata a mo di “coppo” con il palmo della mano o in apposite vaschette di plastica, il tutto condito con sale e limone. Un prodotto simile è la “testina di vitello”, una specialità gastronomica tipica del Piemonte consumata soprattutto nel periodo autunnale-invernale che entra a far parte di un piatto tipico della cucina regionale cosiddetto “bollito misto alla Piemontese”. Descrizione del prodotto È un prodotto tradizionale che si vende in negozi o in strada su “bancarelle” o “furgoni” appositamente attrezzati e viene consumato cotto, tagliato in listarelle sottili con l’aggiunta di sale, pepe e limone. Il prodotto rientra nella categoria dei “ready to eat” (reg. 2073/05) e consiste “o’ muss” nella parte anteriore dello splancnocranio sezionato anteriormente all’altezza della linea frontale posta davanti agli occhi comprendente la mascella, il palato molle, il labbro superiore ed inferiore, le narici e la porzione molle inferiore della parte anteriore della cavità buccale il tutto completo di pelle. “O’ per” invece è costituito dalla porzione distale dei quattro arti dalla prima alla terza falange privati dello zoccolo, comprendente anche la porzione anatomica dell’osso cannone sempre con la pelle. Queste parti anatomiche vengono lavate, messe a mollo, scottate, depilate e poi cotte a temperatura di circa 98 °C per 2 o 3 ore. Una volta pronti e raffreddati all’esterno si presentano di colore più o meno chiaro (a seconda del colore del mantello del bovino, infatti si preferiscono animali a mantello chiaro che risultano più facili da rifinire) roseo ambrato, ed al tatto la pelle è asciutta mai viscida, alla sezione di taglio si riconoscono le strutture cartilaginee bianco traslucido, elastiche al tatto, le strutture muscolari rosa scuro, la pelle bianco giallastra il grasso più chiaro ed il sottocute sempre di colorito chiaro. Il profumo è piacevole di carne cotta, mai pungente, fresco; il sapore non è mai deciso si sente un pò il sapore della carne bollita, la consistenza è elastica, le parti più apprezzate sono le cartilagini croccanti tra i denti, anche la pelle ha una piacevole consistenza. Quadro normativo Gli stabilimenti per la produzione dei piedi e muselli rientrano in quelli autorizzati ai sensi del Decreto Legislativo 537/92 ed ora registrati ai sensi del Reg. CE 853/04. Importantissime per questo settore sono state le modifiche al Reg. CE 853/04 apportate dal Reg. CE 1662/2006 del 6 novembre 2006 e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il 18.11.06 che all’allegato II al punto 1 reca le modifiche del punto 8 della sezione 1, capitolo IV del sopracitato Reg.CE853/04 che consente di non scuoiare le teste dei vitelli, il muso e le labbra dei bovini e le zampe dei bovini così da facilitare il commercio e la lavorazione al di fuori dei macelli. Gestione del MSR Ai sensi del D.lvo 286/94 le teste dovevano ed ora ai sensi dei nuovi regolamenti devono essere lavorate in locali o zone separate della sala macellazione. Le teste dei bovini utilizzate, sono sempre di animali di età inferiore ai 30 mesi, appena staccate vengono appese singolarmente a dei ganci previa apposizione di un tappo nel foro frontale provocato dal proiettile captivo e di un altro nel foro ocipitale. Bisogna prestare molta attenzione all’integrità dei bulbi oculari per evitare la contaminazione delle carni. Dopo la visita sanitaria le teste possono essere lavorate; vengono cioè scuoiate completamente lasciando integra la pelle sul musello, poi con apposita cesoia idraulica si asporta con un taglio netto perpendicolarmente qualche centimetro davanti agli occhi, il neuro cranio avendo cura poi di allontanare i masseteri. Oggigiorno con l’avvento dei nuovi regolamenti si continua ad operare similmente ai dettami del D.lvo 286/94 e per quanto riguarda la prima fase della lavorazione (depilazione) diventa più facile infatti mentre prima non era consentito lavorare i piedi e muselli con il pelo fuori dal macello; ora è possibile, manipolandoli ovviamente in modo da evitare contaminazioni e mantenendo sempre la tracciabilità. I piedi anteriori e posteriori, asportati sulla linea di macellazione vengono deposti in un cassone metallico in acciaio inox e poi vanno in sala tripperia per la pulizia. Tecnica di lavorazione Possiamo dividerla in due fasi principali: A) Scottatura e depilazione B) Cottura e raffreddamento Scottatura e depilazione  Tali operazioni possono avvenire presso le strutture di macellazione o direttamente presso i laboratori autorizzati. Dopo aver pulito con acqua fredda a pressione i piedi ed i muselli, vengono immersi in vasche di acciaio inox con acqua corrente per almeno 2 o 3 ore così da allontanare residui di sangue e sbiancare il prodotto. Questa fase è identica per i due prodotti. I piedi vengono legati a due a due e posti su delle aste metalliche poggiate sui bordi di una caldaia piena d’acqua che sarà riscaldata fino a circa 60-65 °C per almeno 20 minuti fino a quando il pelo si allontana facilmente dalla cute. A questo punto i piedi ancora caldi vengono passati sotto una apposita “fresa” in acciaio inox per la depilazione meccanica per poi essere rifiniti manualmente prima con un coltello affilato e poi con una lametta da barba; poi si asportano gli unghioni con una macchina a rulli contrapposti in acciaio inox azionata a pedali. I piedi depilati vengono immersi in acqua fredda per alcune ore. Lo stesso procedimento si applica anche ai muselli che vengono appesi per il naso singolarmente, sempre a delle aste metalliche poggiate ai bordi di una caldaia piena d’acqua e si continua come per la procedura dei piedi. La lavorazione può riprendere presso il macello o il materiale depilato può essere spedito presso un laboratorio autorizzato per il prosieguo. In questa fase bisogna controllare che: a) venga effettuato un buon lavaggio dei piedi e dei muselli e bisogna eliminare le impurità ancora eventualmente presenti sul pelo; b) legare saldamente le parti anatomiche per evitare che si stacchino e sbattino all’interno della caldaia rovinandosi; c) monitorare la temperatura dell’acqua di scottatura che non dovrà essere né troppo calda né troppo fredda altrimenti il pelo non va via; d) durante la depilazione non si deve lacerare la pelle; e) il trasporto e la lavorazione deve avvenire i tempi brevi altrimenti bisogna assicurare una buona refrigerazione. Cottura e raffreddamento Prima della cottura bisogna asportare le ossa lunghe dalle zampe tramite un doppio taglio longitudinale e solo allora si potrà procedere alla cottura, lasciando le ossa in sede si deformerebbero i piedi durante la cottura. La lavorazione riprende immergendo i piedi ed i muselli in due caldaie differenti colme di acqua che viene riscaldata fino ai 98 °C. La cottura dei muselli avviene in circa tre ore dall’accensione della fiamma. Una volta raggiunta la temperatura di ebollizione intorno ai 98 °C, si lascia semplicemente cuocere. Appena terminata la cottura, con una schiumarola viene preso un musello per volta e calato in una vasca in acciaio inox con acqua fredda e prima che il musello si raffreddi si asportano manualmente le ossa mascellari e nasali. Il musello dissossato, dopo un breve risciacquo, viene trasferito in una vasca con acqua corrente e lasciato raffreddare per circa due ore. In seguito, su di un tavolo di acciaio, viene rifilato e pulito da eventuali ossicini e residui, poi sosta nuovamente in acqua corrente per altre due ore circa ed infine, viene stoccato in frigo in un contenitore con acqua ad una temperatura compresa da -1 a -2 °C. La cottura dei piedi avviene in tempi leggermente più lunghi e necessita di maggiore attenzione rispetto a quella dei muselli, infatti appena raggiunta la temperatura di ebollizione dell’acqua (98 °C), si spegne la fiamma fino a quando la temperatura dell’acqua si abbassa intorno ai 90 °C, poi si riporta la temperatura a 98 °C. Tutto il procedimento di cottura si svolge nell’arco di tre o quattro ore, a secondo della temperatura ambiente, e della grandezza dei piedi con delle pause di 20/30 minuti dallo spegnimento alla riaccensione della fiamma.A cottura ultimata, i piedi, vengono raffreddati in acqua corrente per almeno due ore così da facilitare la successiva asportazione degli ossicini; asportandoli a caldo si modificherebbe la forma del piede, ma sarebbe anche complicato e pericoloso per l’operatore che rischierebbe di tagliarsi. Questa operazione avviene su di un tavolo in acciaio inox su di un supporto in “teflon” per evitare che “il piede” possa scivolare e mettere a repentaglio l’incolumità dell’operatore. In questa fase bisogna: a) monitorare la temperatura dell’acqua di cottura c.a. 98 °C (+- 2 °C) b) evitare la contaminazione del prodotto cotto in corso di raffreddamento e stoccaggio. Monitoraggio dei punti critici Il monitoraggio e quindi il controllo dei parametri tempo/temperatura consentono di ridurre o annullare eventuali rischi microbiologici, infatti la temperatura dell’acqua di cottura attentamente monitorata per molte lavorazioni è sempre risultata compresa tra i 95 °C ed i 98 °C (+- 2 °C), per tempi di almeno tre ore; anche il processo di depilazione riduce di molto la contaminazione superficiale, 63/65 °C per circa 20 minuti. Il pH (7,2-7,3) del prodotto cotto è un handicap per la conservazione. La conservazione in acqua fredda consente di mantenere una sorta di “sottovuoto” e una buona umidità del prodotto intero, una volta tagliato va consumato nel giro di massimo 24 ore perché si asciuga superficialmente ed assume un cattivo odore. - T °C scottura e tempo (CP) - T °C cottura e tempo (CCP) - Raffreddamento e stoccaggio in acqua fredda (CP) Conclusioni Lo studio della tecnologia di produzione di “O’ per e o’ muss” ha evidenziato: a) il prodotto subisce due trattamenti termici, il primo con temperatura compresa tra i 63/65 °C per circa 20 minuti per facilitare la depilazione, il secondo che è la cottura vera e propria ad almeno 95°C per circa tre ore; b) viene venduto in massimo due o tre giorni, tenendolo a temperatura di refrigerazione, quando in realtà il prodotto dura molto di più; tali procedure consentono di ridurre notevolmente i rischi microbiologici per il consumatore. I risultati dei controlli analitici effettuati fin’ora sul prodotto in varie fasi di produzione sono stati più che accettabili, e sono ancora in corso ricerche sugli aspetti microbiologici del prodotto nelle varie fasi di produzione e della vendita, quest’ultima anello debole dell’intera filiera. Il prodotto crudo presenta alte cariche microbiologiche sicuramente migliorabili con più adeguate procedure (BPL) nel prodotto cotto non abbiamo mai rinvenuto patogeni (Salmonelle e Listeria) e sempre una scarsissima CBT e E.coli. Bisogna sottolineare infine che statisticamente, non ci sono dati epidemiologici, né referti o notizie relative a tossinfezioni alimentari o incidenti relativi al consumo di tale prodotto. La bibliografia e le tecniche di produzione sono disponibili sul sito www.ilprogressoveterinario.it














Nessun commento:

Posta un commento