Le papacelle e l'insalata di rinforzo
Il Natale è prossimo e ripassiamo alcune nozioni sui piatti tipici delle festività natalizie, uno di essi, si prepara per il Cenone della Vigilia, è l'insalata di rinforzo che tra gli ingredienti immancabili, senza il piatto non esiste, ha le "papacelle". Attingiamo da Wikipedia, l'enciclopedia libera: L'insalata di rinforzo, in qualche caso anche denominata burdiglione, è un tipico piatto napoletano preparato nel periodo natalizio.Viene preparato con cavolfiore lessato, olive verdi, cetriolini, cipolline, giardiniera, peperoni dolci o piccanti (papaccelle), tutti sottaceto e acciughe sotto sale. Il tutto viene condito con olio, sale ed aceto.L'insalata di rinforzo è così chiamata[4] a Napoli in quanto pietanza servita originariamente durante il cenone della Vigilia di Natale, cenone notoriamente di magro, che anche quando comportasse pantagrueliche portate di pesce, si riteneva dovesse esser rinforzato con questa insalata. Preparazione La materia di base è il cavolfiore. Dopo averlo pulito sotto l'acqua corrente, da esso vanno staccate le cimette e messe a bollire in acqua salata. La lessatura non deve essere completa e le cimette vanno scolate dopo 10 minuti circa e fatte raffreddare normalmente in un capace piatto da portata. Le cimette vanno quindi condite con cetriolini sottaceto tagliati a rondelle, capperi dissalati in acqua, papaccelle tagliati a listarelle, acciughe dissalate e deliscate, tagliate quindi a pezzi a metà o a terzi, con olive verdi e nere disossate o anche intere e con una giardiniera delicatamente sottaceto. Il tutto va irrorato da una mistura di 3 parti circa di olio di oliva e due parti circa di aceto. Il condimento va fatto in anticipo, per dar modo agli ingredienti di amalgamarsi bene con le cimette del cavolfiore. Infine si potrà portare in tavola e, se preparato con una certa abbondanza, l'insalata di rinforzo può essere mangiata il giorno dopo, quando il tutto avrà raggiunto il massimo della sapidità. A Napoli, in dicembre, ogni salsamenteria si dota di grandi quantità di giardiniera sottaceto e papaccelle preparati con una sapienza artigianale che difficilmente trova riscontro nella produzione industriale, al fine di soddisfare la grande domanda provocata dall'imminenza della festività natalizia.
Le PAPACELLE sono peperoni, dalle bacche piccole, un poco schiacciate e costolute (perciò si dicono ricce), molto carnosi e saporitissimi. I negozi di alimentari di una volta, le "poteche" della Campania, in particolare, le bancarelle dei mercati partenopei, a partire dal mese di luglio fino ai primi freddi, traboccano di questi peperoni colorati. Solo i napoletani "veraci" di una certa età sanno distinguere a colpo d'occhio le autentiche papacelle ricce. I mercati sono invasi infatti da peperoni ibridi, pressoché identici morfologicamente alle papacelle di un tempo per lo più di produzione pugliese ma non sono la stessa cosa, addirittura nei negozi al Nord di specialità campane ( Vedi i punti vendita della mozzarella di bufala "La Contadina") si trovano "false" papacelle made in Puglia. Non è difficile distinguere le vere papacelle, quelle "veraci": sono piccole, raggiungono al massimo gli 8, 10 centimetri di diametro. Le bacche hanno colori decisi che variano dal verde intenso al giallo sole (i frutti gialli sono generalmente più grandi) o dal verde al rosso vinato. La dolcezza della polpa è l’elemento peculiare che distingue la papacella da altre varietà di aspetto simile ma dal gusto decisamente piccante. Il profumo è particolarmente intenso, con note fresche ed erbacee. La semina può essere effettuata dalla seconda metà di marzo alla prima decade di luglio, mentre la raccolta, eseguita a mano, avviene dalla seconda metà di giugno ai primi di novembre. Io a settembre le compro negli ortofrutta specializzati, quest'anno le ho acquistate al Mercato di NOLA e provvedo personalmente a metterle sott'aceto. Se dovete acquistarle le migliori sono quelle fatte da aziende del nolano, di Marigliano e Pomigliano, in mancanza vanno bene anche quelle dell'agro sarnese-nocerino. Gli orti in cui si coltivava un tempo la papaccella (le parule) si trovavano in particolare nelle vicinanze di Brusciano, dove molti abitanti hanno come cognome "Papaccio". Le coltivazioni erano localizzate nei pressi di masserie destinate alla produzione dell’aceto necessario per la conservazione: l'aceto si ricavava solitamente dal cosiddetto vino piccirillo, un vino rosso ottenuto da viti coltivate ad alberata (cioè appoggiate ad alberi vivi disposti in filari), aspro e poco alcolico, da consumare subito dopo la vendemmia. Il ciutunaro, così in dialetto si chiamava la persona che produceva le conserve, si occupava di immergere in aceto i peperoni e gli altri prodotti dell’orto all’interno dei cosiddetti rancelloni, sorta di botti in legno che potevano contenere fino a 150 chili di papacelle intere, mai a filetti. La Regione Campania ha recuperato il germoplasma e in un campo sperimentale si stanno riproducendo i semi originari che saranno messi a dimora dagli undici produttori del Presidio Slow food. E'stato inoltre stilato un severo disciplinare che garantisce una produzione di qualità elevata, con reali caratteri di ecosostenibilità ed ecocompatibilità.
Papacelle messe sotto aceto da me |
Papacelle pulite dai semi |
Papacelle acquistate al mercato di Nola messe sotto aceto da me |
Nessun commento:
Posta un commento